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aiiao

recensione - La morte e il morire

Descrivere in poche righe, tutto ciò che la kùbler-ross con questo libro ci
trasmette e ci aiuta a capire è un'impresa assai ardua. Le forti emozioni che vi abbracceranno e vi accompagneranno durante la lettura,
sono tuttavia uno strumento di crescita personale oltre che professionale.
Per questo motivo abbiamo pensato ad una presentazione "insolita " del libro ,
riportando alcuni brani, che sicuramente vi faranno capire ciò di cui parliamo.....(continua)

 

“Lavoro con i malati inguaribili da due anni e mezzo e questo libro vuol raccontare l’inizio di questo esperimento che si è rivelato un’esperienza significativa e istruttiva per tutti coloro che vi hanno partecipato. Non intende essere un libro di testo sul modo di trattare i malati destinati a morire né uno studio completo sulla psicologia del morente. E’ semplicemente il racconto di un’occasione nuova e critica per focalizzare il malato come essere umano, per dialogare con lui, per apprendere da lui le forze e le debolezze del nostro trattamento ospedaliero. Gli abbiamo domandato di essere nostro maestro in modo che noi potessimo imparare qualcosa di più sulle tappe finali della vita con tutte le sue ansie, timori e speranze. Io racconto semplicemente le storie dei malati che hanno condiviso con noi le loro angosce, le loro attese e le loro frustrazioni.

Speriamo che ciò incoraggi altri a non sfuggire i malati “senza speranza”, ma ad avvicinarli di più, poiché si può essere loro di grande aiuto durante le ultime ore.

I pochi che sapranno farlo scopriranno anche che può essere un’esperienza reciprocamente gratificante, essi impareranno molto sul funzionamento della mente umana, sugli aspetti umani eccezionali della nostra esistenza, e usciranno da questa esperienza arricchiti e forse con minori ansie riguardo alla propria fine”

(Elisabeth Kubler – Ross “La morte e il morire” pag. 7/8)

 

Elisabeth Kubler – Ross ( Zurigo, 8 luglio 1926 – Scottsdale, Arizona, 24 agosto 2004)  medico, psichiatra e docente di medicina comportamentale.

Nel 1945 decise di incentrare i propri studi sulla morte e sul morire.Lavorando nei principali ospedali di New York, Colorado e Chicago, rimase impressionata dal modo in cui venivano trattati solitamente i pazienti terminali, spesso tenuti in regime di isolamento e sottoposti ad abusi. Per modificare il comportamento del personale medico ed infermieristico, iniziò a tenere seminari volti al miglioramento della qualità assistenziale di coloro in procinto di lasciare questa vita.

Dalle sue prime esperienze con i malati terminali ha tratto il libro “Sulla morte e sul morire”, pubblicato nel 1969, che l’ha resa nota come fondatrice della psicotanatologia.

Con il termine di psicotanatologia o tanatologia psicologica si definisce il sostegno psicologico di fronte alla morte- sia per i pazienti terminali (accompagnamento alla morte) sia per i loro familiari (supporto durante le fasi della malattia del congiunto, ed elaborazione del lutto in seguito al decesso).

Il testo sopra citato narra della differenza fra il malato e la persona,dei suoi sentimenti, dei suoi desideri e opinioni, e del diritto di essere ascoltato: ma anche dei sentimenti, delle emozioni e del vissuto delle persone che gli sono accanto  in questo passaggio.

Nell’autunno del 1965, quattro studenti del Seminario di Teologia di Chicago chiesero la collaborazione dell’autrice per lo svolgimento di un lavoro di ricerca riguardante una relazione sulla “crisi della vita umana” (gli studenti consideravano la morte la crisi più grande che una persona deve affrontare). Ma come fare una ricerca sulla morte e sul morire? Si decise che il modo migliore per poter studiare tale argomento era quello di chiedere ai malati inguaribili di fungere da maestri: osservarli, studiare le loro risposte emozionali e fisiche, i loro bisogni, valutare le reazioni dei loro care giver. Le interviste riportate nel testo si svolsero prevalentemente nei reparti oncologici o di terapia intensiva.

Kubler –Ross identifica le diverse fasi dei meccanismi di difesa messi in atto dal morente:

Lo shock – fase in cui il morente, avendo compreso cosa sta accadendo, viene preso dal panico e percepisce l’evento morte come inaspettato ed imminente; la paura lo fa fuggire dalla realtà che lo conduce alla seconda fase

Il rifiuto – nella quale il morente si dà risposte del tipo “non è possibile”, “non posso essere io”, “si sono sbagliati”

L’isolamento - è tipico dei pazienti che scoprono di avere una malattia in stato avanzato, in questo caso dopo la fase di rifiuto, il paziente si isola dagli affetti, cominciando uno spesso inutile girovagare tra specialisti ed indagini diagnostiche, con la speranza di uscirne vincitore.

La collera – fase in cui predominano i sentimenti di rabbia, invidia, risentimento, e la ripetizione continua della stessa domanda “perché proprio a me?” questa è considerata la fase più difficile ed impegnativa, sia per il personale di assistenza che per i familiari, poiché il morente scaglia sentimenti ed emozioni su tutto e tutti. L’unico intervento adottabile, suggerisce Kubler Ross , è quello di non intervenire, ma lasciare al paziente il tempo necessario all’elaborazione del lutto, all’accettazione di ciò che sta accadendo.

Il patteggiamento- viene considerato come una falsa speranza di poter rimandare oltre il tragico evento. E’ questa una fase influenzata dai fattori sociali, religiosi, economici, culturali

La depressione e l’accettazione- fase in cui il malato prende coscienza di ciò che sta per accadere

Decathexis – fase di regressione in cui il paziente comincia a distaccarsi dalla realtà , non ha più interesse per nulla (fase del soddisfacimento dei bisogni di base)

“Coloro che hanno la forza  e l’amore di sedersi con un malato in fin di vita nel silenzio che va oltre le parole sapranno che questo momento non è né spaventoso né penoso, ma è la tranquilla cessazione del funzionamento del corpo. Osservare la morte tranquilla di un essere umano ricorda una stella cadente; una dei milioni di luci di un vasto cielo, che splende improvvisamente per un breve momento, solo per sparire per sempre nella notte infinita. Essere terapisti di un malato in fin di vita ci dà coscienza dell’unicità di ogni individuo in questo vasto mare dell’umanità. Ci dà coscienza della nostra finitezza, della breve durata della nostra vita. Ognuno di noi crea e vive una biografia unica e tesse il suo pezzo di storia umana”. (Elisabeth Kubler – Ross “La morte e il morire”pag. 303).

Elisabeth Kubler – Ross –

La Morte e il Morire  (Edizioni La Cittadella Editrice, 2005, pag. 303)

Della stessa Autrice:

L’anello della vita , 1998, Frassinelli

Impara a vivere, impara a morire, 2001, Armenia

La morte è di vitale importanza. Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte, 2004, Armenia

La morte e il morire, 2005, Cittadella

La morte e la vita dopo la morte “morire è come nascere”, 2007, Edizioni Mediterranee

 

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